mercoledì 22 marzo 2017

Looking for some border

Esisterà una frontiera raggiunta la quale saremo respinti non da forze doganali ma dal nostro corpo? Un luogo del nostro spirito o del nostro corpo oltre il quale scopriamo di non poter andare, un muro invalicabile. Deve esistere, esisterà per forza.
Quando ho iniziato a correre erano i 5 Km, ricordo che mi accontentavo di quattro. Alla fine del quarto chilometro mi sentivo stanco morto e sudato tornavo alla macchina per andare a casa. Il percorso era sempre lo stesso, in aeroporto a Belluno, un lungo prato pianeggiante del quale evitavo la variante per San Pietro in Campo perché la variante prevedeva una salitella. Quella salita era non più lunga di cinque passi, non la misuro in metri per pudore ma era  ed è ancora veramente una specie di lungo gradino che io in quel periodo consideravo come una lunga salita. Passato il "muro" dei quattro chilometri quello era diventato il mio muro.
Muro dopo muro sono arrivato a superare i dieci chilometri, poi la mezza maratona, poi una gara di 25 km, la Marcialonga ed infine sono arrivato alla Maratona, chi l'ha fatta non può non scriverla con la maiuscola. Era la ricerca di quel limite, una ricerca inconscia ma il percorso è quello; raggiungi un punto, ti guardi indietro e prosegui verso il successivo, raggiunto il quale riparti per il prossimo. Quattro, cinque, dieci, ventuno, venticinque ed infine quarantaduevirgolacentonovantacinque con quei 195, spesso omessi quando qualcuno che non ha fatto la Maratona parla della Maratona e che invece chi l'ha fatta cita sempre, ed io so benissimo perché. Lungo una Maratona i limiti da superare sono molti. Può essere una corsa devastante, spesso è monotona, ripetitiva, ti sorpassa gente che davi per spacciata ancora al primo chilometro, i tuoi tempi non sono compatibili con la pazienza della gente che aspetta che la strada riapra al traffico per cui c'è anche chi, invece di incitarti, ti ricorda la tua disgraziata idea di imbarcarti in un'impresa che è lontana dalla forma fisica richiesta per completarla e che quindi faresti bene a ritirarti perché altrimenti morirai di infarto prima di quanto pensi, poi c'è il 21° chilometro dove passi baldanzoso seguito subito dopo dal 26° dove ti vorresti ritirare perché sei veramente convinto che quello che ti ha gridato "ritirati" abbia in fondo ragione. Ed invece continui, un po' rallenti, un po' cammini, poi corri di nuovo ma vai avanti e quando capisci che il traguardo lo passerai inizi a piangere, eh si, non c'è nulla da fare, quando capisci che ce l'hai fatta piangi.
Quindi 42,195 metri si possono correre, il mio corpo ce la fa e dove non arriva il corpo subentra la mente. All'arrivo, come al solito ti guardi indietro e c'è la strada che hai fatto e poi ti guardi avanti per scoprire dove poter ancora andare. Beh, nell'immediato, cioè subito dopo la prima maratona, avanti c'è il parcheggio dove hai lasciato la macchina e assicuro che anche quello può diventare un traguardo difficilissimo da raggiungere. Però quando poi ci si riprende, oltre il parcheggio si guarda se c'è qualcosa e qualcosa c'è, per forza ci deve essere. Nel mio caso 51 km, per di più un trail, quindi 2000 metri di dislivello e terreno non facile, ne ho parlato nel precedente post.
Ed anche la gara da 51 km ha un suo traguardo, un suo parcheggio dove risalire in auto ed una curva dove fermarsi un attimo prima di arrivare a casa per capire dove poter andare....oltre.
L'oltre è arrivato questo week end. La gara si chiama ULTRABERICUS, è lunga 66 Km e sale per 2500 metri...duemilacinquecento. Mi sono iscritto forse inconsciamente proprio alla ricerca di quel limite.  C'era anche il percorso da 21 km ma quel limite lo conoscevo, quello oltre i 50 invece no ed andava provato. Parto da Belluno con la mia macchina seguendo quella degli amici, alcuni invece sono a Vicenza già dalla sera prima. A Vicenza parcheggiamo e ci dirigiamo nella piazza centrale dalla quale si parte e qui inizia il mio viaggio da solo nel senso che per andare a depositare la borsa perdo gli amici e non li ritrovo più ma va bene così, è una cosa che devo fare da solo. Entro nel recinto di partenza, come al solito gente di tutti i tipi. Quanti ce la faranno? Quanti si ritireranno? Saranno in molti quelli che molleranno, lo scoprirò il giorno dopo guardando le classifiche.
Partiamo attraversando il centro. La tentazione è sempre la stessa quella di partire veloce ma mi ricordo subito quel numero, sessantasei e rallento. Del resto c'è gente che già al secondo chilometro, alla prima salitella cammina e siccome è molto probabile siano più esperti di me, evidentemente rallentare fin da subito è la cosa giusta da fare per sperare di completare il percorso che è bellissimo e nei primi dieci chilometri da quasi l'illusione che sia tutto corribile, veloce, facile. Non è così, lo scopro in corrispondenza della prima vera salita dove si è formata una lunga fila per arrampicarsi lungo un sentiero stretto e decisamente in piedi. Siamo in tanti, in molti parlano,fanno battute, scherzano, le voci sono allegre, fiduciose, penso che forse non è così terribile vista la tranquillità e la quasi spavalderia di molti ma non è così. Le colline si susseguono ed anche le salite e le discese, il ritmo è incessante, i tratti pianeggianti pochissimi e benché le salite non siano lunghissime, sono tantissime, una dietro l'altra. Al primo ristoro c'è clima di festa. ci incrociamo con quelli della 21 ed arriva il primo pensiero di quasi rinuncia. In pensiero sottile, impalpabile che si insinua nel cervello e rimane lì per quasi tutti i 66 km. Penso che potrei continuare sul percorso della 21 e finirla lì, ho provato, sono contento, rivedrò i miei amici, anzi, li aspetterò al traguardo e la giornata sarà stata ugualmente bella. Ma mi sento bene, non sono stanco e quel pensiero non ha alcun senso in quel punto per cui mangio un pezzo di crostata, bevo del tè caldo, butto giù qualche noce e riparto. Siamo al km 12, solo al km 12.
Il ristoro del km 25 non lo ricordo. Ricordo solo che ho iniziato a fare i conti con il sole per capire se stavamo ancora andando verso sud oppure avevamo già svoltato epr tornare verso Vicenza. Cercavo di capire dalla posizione del sole dove stavamo andando ma il percorso tortuoso ed il fatto che non mi fossi portato una stampa del percorso mi creava solo confusione. Per i prossimi trail ricordarsi di portare al seguito la traccia del percorso con l'altimetria, potrebbe aiutare, almeno spero.
Il ristoro del Km 36 invece lo ricordo bene perché è quello nel quale il desiderio di rinunciare si è fatto più forte. Era il punto nel quale chi faceva la staffetta si fermava e passava il testimone al secondo frazionista. C'erano i pullman per tornare a Vicenza. Bastava semplicemente entrarci, sedersi, bere qualcosa ed essere soddisfatti per i 36 km fatti che comunque non sarebbero stati pochi. Il posto tra l'altro era bellissimo, un santuario ai piedi di una serie di grotte con graffiti che indicavano come fossero stati luoghi di culto in tempi remoti. Non so se sia stata la voglia di visitare meglio quelle grotte dato che la continuazione del percorso era proprio ai piedi di quelle grotte o la volontà di non mollare fatto sta che sono ripartito quasi subito. Ancora salite, discese, colline su colline in un susseguirsi devastante ma comunque percorribile senza particolari problemi. Al km 45 in corrispondenza del penultimo ristoro mi sono preso tutto il tempo possibile. Ho bevuto due belle tazze di tè caldo, ho mangiato in abbondanza, ho riempito le borracce e mi sono sono fermato a guardare la gente che arrivava. Bella atmosfera, tante coppie che correvano assieme i 66 km, una bella cosa, anche coppie di amici dello stesso club. Quando mi sono sentito pronto sono ripartito, avevo freddo e sono ripartito indossando la maglia a maniche lunghe che avevo levato in mattinata. L'errore è stato che quando l'ho levata, sudata, l'ho messa nello zaino senza lasciarla fuori ad asciugare e quindi era ancora umida, non una bella sensazione. Per le prossime gare, ricordarsi di metterla nello zaino in maniera che possa asciugarsi oppure portarne un'altra.
Intanto il sole è calato, è arrivato il freddo ma anche un percorso meno difficile con salite più corte e tratti pianeggianti più lunghi, ho tirato fuori la frontale ed ho sentito per la prima volta la netta sensazione che ce l'avrei fatta. All'ultimo ristoro...l'ultimo, una consolazione anche perché in centro ad un paese invece che allestito in collina dando così la sensazione che si fosse in qualche modo tornati alla civiltà, all'ultimo ristoro dicevo, cerco di scaldarmi con le bevande e riparto per l'ultimo tratto. Solo tre salite mi separano da Vicenza e sono le salite meno lunghe, mi sembra quasi di visualizzarle. Intento ho fatto amicizia con un altro concorrente con il quale parlo lungo il percorso. Lui ha fatto l'Ultrabericus altre volte e quindi conosce bene il percorso, me lo descrive mentre corriamo o camminiamo. A volte preferirei non lo facesse quando dalla descrizione capisco che si, il più è fatto, ma non siamo ancora arrivati, altre lo ringrazio, quando mi dice che mancano solo due salite o una salita. Continuiamo assieme fino all'ultima discesa dove lo lascio perché non vedo l'ora di arrivare, perché sento odore di traguardo e perché lui in una discesa particolarmente dura mi dice di andare ché lui ha problemi ad un ginocchio e deve comunque fermarsi "al bagno".
Vado, in lontananza nel cielo coperto si riflette il bagliore della città. Prendo il cellulare e mando un messaggio al gruppo Whatsapp degli amici dicendo loro che sono a 5 km dal traguardo, che mi aspettino con abbondante birra per far festa. Mi rispondono che mi stanno tutti aspettando e quindi corro. Sorpasso addirittura dei concorrenti che mi fanno i complimenti per riuscire ancora a correre, dicolo loro che è solo inerzia ma intanto il mio ego va alle stelle. continuo a messaggiare, anche a mandare foto e loro mi rispondono che sono pronti a far festa. Sorpasso l'ultimo concorrente che mi separa dal traguardo, i volontari mi indicano la piazza che si nasconde appena dietro l'angolo del palazzo, vedo il percorso che porta al traguardo, allargo le braccia, rido ed inizio a gridare ECCOLO, ECCOLO. Cerco gli amici ma non c'è nessuno. C'era stato un fraintendimento, mi aspettavano si, ma virtualmente.....maledetta tecnologia.  Fa nulla, do il cinque a quelli che stanno comunque facendo il tifo anche per me dietro le transenne, bravissimi, incitavano tutti e do il cinque virtualmente anche ai miei amici, taglio il traguardo e penso che si.....ho corso per 66 km e 11 ore.
Mi fermo dopo il traguardo nella zona arrivi. Ho in mano la maglietta che mi hanno dato quando ho passato il traguardo, c'è scritto FINISHER. Guardo gli ultimi cento metri che ho corso e poi guardo dall'altra parte dove un percorso ideale in qualche modo continua ma non so per quanto. So solo che fino al chilometro 66 il percorso c'è ed è stato percorso. Quello che c'è oltre lo scoprirò.  In fondo è proprio come la vita, no?

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