martedì 2 maggio 2017

Time is by my side

Il ventesimo chilometro si avvicina. Corriamo ancora, fisicamente, side by side, tra poco le nostre strade si divideranno. Incredibile quanto la corsa a volte ricalchi la vita. Sono stanco ma non come le altre volte, sono stanco ma contento perché sento che la strada fatta fino qui da inizio anno sta dando i suoi frutti.

E' sabato mattina, ho il volo per Vienna alle 10, me la prendo comoda, faccio sempre così ma poi regolarmente arrivo in ritardo ed anche questa volta è così. Tutta colpa della mia sindrome da viaggio che dovrà pure avere una sua dignità nel campo dello studio psicologico ma che io per ora non so come altro chiamare. Consiste nel non riuscire a partire in tempo perché ti sembra sempre di aver dimenticato qualcosa ed alla fine ti carichi di tremila cose ma questo comunque non ti impedisce di dimenticare qualcosa di importante. Questa volta ho dimenticato la tuta bianca da imbianchino che doveva servirmi nell'attesta dello start per non prendere freddo.

Il ventesimo chilometro è uno stradone che attraversa il centro di Vienna, un'area pedonale che passa di fronte a negozi e bar con i loro tavolini all'aperto. Siamo un fiume di gente colorata ed io ancora sto cercando di sorpassare quelli lenti. Che ci sia ancora gente lenta al ventesimo chilometro mi fa capire che, o ci sono stati troppi furbi che sono partiti nelle griglie dei bravi invece che in quella adeguata al loro tempo o che io sono stato troppo onesto e, dichiarando un tempo di quattro ore e mezza (non senza sensi di colpa perché le ultime due maratone le ho chiuse in oltre cinque ore) sono partito troppo indietro rispetto alle mie attuali possibilità. Probabilmente sono vere entrambe le cose.
Fatto sta che sono qui a capire dove passare per non rimanere imbottigliato, scarto a destra e sinistra, salto sul marciapiede e scendo, spingo quello che mi sta avanti e mi incuneo tra i due a destra, non è facile, sarebbe più bello avere tutto libero di fronte e poter mantenere il mio passo.

In autostrada piazzo il cruise control a 150 e lascio che la R4 new version faccia il suo lavoro. Penso che il resto del gruppo sta arrivando a Vienna in treno mentre altri sono già lì. Penso alla fortuna che ho avuto di conoscere persone fantastiche con le quali condividere questa passione e questo tratto di strada. Ci sono persone che ti fanno sentire solo anche quando ti siedono accanto ed altre che senti presenti anche se sono a chilometri di distanza. E' bello accorgersi di questo mentre da una parte stai andando ad azzerare questa distanza lasciandotene altra alle spalle, questa volta vera, chilometrica e temporale.

Il ventesimo chilometro è passato e non vedo il bivio dove il percorso della maratona si dividerà da quello della mezza. Mi viene il dubbio che possa essermelo perso, mi affianco ad una signora piccolina con la maglia di Terramia, è italiana e le chiedo se sa dove sia la divisione del percorso. mi risponde scocciata, allungo la falcata e la lascio indietro senza pietà. Dopo pochi metri ecco che i percorsi si dividono. La tentazione di prendere la scorciatoia, di accontentarsi dei 21 km e lasciare la strada dei 42 arriva come sempre. Ed è così anche nella vita in fondo no? Ci sono bivi nei quali puoi sempre scegliere una strada più facile, meno faticosa, che ti fa arrivare prima al traguardo. Questa volta però sorrido e prendo deciso a sinistra per i restanti 22 Km. Non ho paura, non sono stanco, ho nelle gambe e nella testa l'allenamento e le forze per arrivare al traguardo, ovunque esso sia.

A pochi chilometri dall'aeroporto faccio due calcoli, se vado a lasciare l'auto al parcheggio che ho prenotato e poi arrivo in aeroporto con la navetta rischio di arrivare in ritardo al check in e non poter imbarcare la valigia. Decido quindi di passare prima in aeroporto, fare il check in lasciando la valigia e poi portare la macchina al parcheggio. Mi piace il decision making, anche nelle piccole cose di tutti i giorni. Mi piace quando va applicato sul lavoro, è il sale del mio lavoro, DODAR, Diagnosis, Options, Decision, Analise, Revision e di nuovo da capo, diagnosis e così via. Mi piace. E' quello che ho appena fatto, analizzo la mia decisione, la rivaluto, è giusta, imbocco la strada dell'aeroporto invece che quella del parcheggio.

Adesso, imboccata la strada della maratona e lasciati a destra i corridori della mezza, so che arriverà la crisi, è sempre arrivata. Passi baldanzoso la mezza maratona ma c'è il muro ad aspettarti. Il mio è sempre arrivato intorno al venticinquesimo chilometro. Siamo al venticinquesimo ed ancora nulla, il ritmo è sempre lo stesso, la veocità poco più bassa di quella della partenza, la cadenza stabile intorno ai 180 passi al minuto, l'ideale. Le scarpe nuove vanno bene, avevo paura ma invece sono bastati un centinaio di chilometri ed un aggiustamento alla soletta per sentirle mie. Nessuna muro in vista ma arriverà, ne sono certo, basta farsi trovare preparati, intanto vado, a destra e sinistra sfilano i palazzi dell'impero per lasciare spazio al Prater con i suoi viali alberati. A tratti una ventata fredda, mi butto in avanti e proseguo. Passa il cartello del ventottesimo chilometro, è la seconda volta che ci passiamo e ricordo che la prima volta, eravamo al quinto chilometro, mi sono chiesto come sarei stato quando lo avrei rivisto. Lo rivedo adesso e sto bene, sto bene.

Parcheggio nello spazio sosta breve, scendo di corsa, apro il baule e prendo la valigia, mi cadono gli occhiali, li raccolgo, corro verso il terminal, sorpasso il muro di fumo all'ingresso (ma ste cicche non potete fumarle a cento metri di distanza?) cerco il banco del check in, poggio la valigia sul nastro trasportatore, scambio due parole con l'operatore che vedendo la crew member card mi chiede chi sono e cosa faccio, raggiungo la macchina di corsa, imbocco il vialone che esce dall'aeroporto, sorpasso una macchina lenta accelerando e questa inizia a suonarmi, la mando al diavolo ma questa insiste e mi lampeggia, guardo nello specchietto e...nell'ordine...vedo seminati lungo la strada i seguenti miei materiali usciti dal baule aperto: Il Sax nella sua custodia, poco dietro il bagaglio a mano seguito a poca distanza dalla seggiolina da campeggio. Mi fermo in mezzo alla strada, raccolgo tutto e riparto.

Passo il cartello del 28° Km. In questo tratto il percorso è doppio, a sinistra quelli che vanno ed a destra quelli che tornano, che hanno fatto il giro della rotatoria giù in fondo e sono avanti di circa quattro, cinque chilometri. Ci incrociamo e guardo quelli dall'altra parte con invidia, la cosa mi demoralizza un pochino e la sento nelle gambe. Mi viene in aiuto una piccola giapponese, una signora in canottiera viola, piccolina con una lunga treccia che le ondeggia sulle natiche. La seguo e l'affianco. Corriamo insieme per qualche chilometro, a tratti la sorpasso e lei mi segue ed a tratti va avanti lei e sono io che la seguo, il passo è comunque leggermente più veloce di quello che terrei se fossi da solo e va bene così. Vedo dall'altra parte della strada , al 33° Km un ristoro con la Coca Cola, mi riprometto di fermarmici quando lo raggiungerò per cui non mi fermo a quello che ho adesso sul mio lato di strada.

Raccattata tutta la roba caduta per strada riparto per il parcheggio, lascio la macchina, salgo sulla navetta e raggiungo di nuovo l'aeroporto. C'è la solita lunga coda per il controllo bagagli e non ho voglia di farla per cui passo nella fast lane grazie alla crew member card ed in breve passo i controlli e sono finalmente pronto per l'imbarco. Austrian Airline, è la mia prima volta con loro. Aereo pulito e spazioso, servizio impeccabile. Arrivo a Vienna in perfetto orario, ritiro il bagaglio e faccio un biglietto per i trasporti pubblici valido due giorni compreso andata e ritorno per l'aeroporto,

Il vialone del prater è terminato. C'è una curva a 180 gradi e si torna indietro. Io e la giapponese corriamo sempre assieme e la cosa sembra far piacere anche a lei perché quando sono dietro ogni tanto si volta a guardare se ci sono. Continuiamo così che andiamo bene, stiamo andando bene. Arrivo al ristoro con la Coca Cola , km 33, bevo un bicchiere e riparto, questa volta dall'altra parte della strada quelli che ancora devono fare la rotatoria, mancano nove chilometri, Solo SOLO nove chilometri alla fine e sto bene. Si, sono stanco, inizio a sentire qualche dolore ma caspita ho una media per la quale avrei fatto firma e comunque mancano solo nove chilometri, dai.
Da qui inizio il conto alla rovescia, 9 , 8, 7, 6.....ecco, sono cotto, non ce la faccio più. La Giapponese è andata avanti quando mi sono fermato al ristoro, non riesco a trovare altri corridori con i quali andare avanti, sono solo, solo in mezzo a tanta gente che corre. Trovare un compagno di corsa è una cosa curiosa. Siamo in tanti in fondo a correre alla stessa andatura ma forse è proprio questo il problema, serve qualcuno che vada appena un pochino più forte, qualcuno che a tratti ti tiri e che a tratti aiuterai ad andare avanti, anche qui, come nella vita.  Cinque chilometri alla fine, praticamente il giro di Visome, una cosa che faccio in allenamento quando non ho tempo o voglia, giusto per uscire a correre, il pensiero aiuta mentalmente ma le gambe e le caviglie dicono basta.

Salgo sulla metro e vado verso il centro. Tra i passeggeri cerco altri corridori e li individuo tutti, è un gioco, li riconosci dalle scarpe, dalle borse, dall'abbigliamento. Siamo in tanti, non ho idea di quanti saremo di preciso ma da quello che vedo in questo spazio dobbiamo essere proprio in tanti. Arrivo in centro a Vienna e chiamo gli amici che sono già arrivati, Riz mi dice che sono al McDonald attaccato alla cattedrale, inizio quindi a girare intorno alla cattedrale in cerca del McDonald ma al secondo giro capisco che c'è qualcosa che non va. Per fortuna mi viene incontro Bea e mi salva. Il McDonald non è attaccato alla cattedrale. Sono finalmente con i miei amici, mi sento a casa.


L'emozione che dà una maratona è una sensazione che non si può descrivere. Ho un nodo in gola, ho capito che non solo arriverò al traguardo ma che per la prima volta ci arriverò senza aver camminato un solo metro. Ho corso e basta e corso bene. Arriverò sicuramente sotto le 4 ore anche se adesso la media è aumentata drasticamente, sto correndo a 4 chilometri dalla fine a 6 minuti e mezzo a chilometro, sono lento ma poi ragiono sul fatto che 6,30 dopo 39 km non è lento...è ottimo, almeno per me. Ho questo nodo alla gola, voglia di piangere, di lasciarsi andare in singhiozzi di felicità quando capisco che sono sul rettilineo finale. In fondo c'è l'arrivo, ai lati della strada la gente che incita ed io che piango, piango e rido. Due metri prima del traguardo piango di gusto, superata la linea di arrivo rido come uno scemo e vado a prendermi la medaglia che ha comunque lo stesso gusto delle altre perché nella maratona il tempo di arrivo è solo un dettaglio. La medaglia va alla testa che ti ha portato fino a quel punto e non conta in quanto. Il tempo dipende solo da quanto ti sei allenato e dalle crisi che hai saputo superare ma l'arrivo, in generale, è solo una questione di testa. Individuare una meta, scegliere con chi arrivarci od essere scelto, fare dei tratti in due, tratti in compagnia di altri, molti da solo, andare avanti secondo il proprio passo, se si esagera si è fottuti, se si va al di sotto delle proprie possibilità si avranno rimpianti. La maratona è la vita, metro più, metro meno.
 

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