mercoledì 28 dicembre 2016

La scoperta del trail

La lunga via per la maratona di New York prende percorsi inaspettati. Si va in salita e si va sullo sporco. In salita non perché diventi difficile ma perché si fa proprio del dislivello e si va sullo sporco perché finisce l'asfalto ed inizia lo sterrato, poi finisce lo sterrato ed inizia il sentiero e poi finisce anche il sentiero e si taglia per prati. E tutto questo è molto bello, ma proprio molto bello. Ma andiamo per gradi.
Tutto è iniziato un paio di settimane fa quando Luca Mares mi ha proposto di andare su per Col di Roanza. Ho accettato e questo è stato l'inizio. La strada per il Col di Roanza la conosco bene, abitavo lì sotto quel colle una volta e quella bella strada sterrata era una passeggiata abituale, la facevo anche in bicicletta. Ma Luca alla prima curva prende per un sentiero che si inerpica nel bosco. Si smette di correre, per forza, e si cammina, veloci, aiutati dai bastoncini da nordik walking. Fatica, tanta. Ci si arrampica, si cercano percorsi nascosti da foglie marce, si scivola, si cercano punti di appoggio per la punta del piede, si guarda in avanti ed in su e si prosegue. Nessun suono se non quello del bosco ad inizio inverno, dei nostri passi su ciò che trovano e delle chiacchiere con l'amico quando il passo e la pendenza lo permettono. E' una bella sensazione, anzi, direi che è amore a prima vista tra me e quello che gli esperti chiamano TRAIL.  La cosa si ripete la settimana sucessiva, questa volta saliamo alla chiesetta di S. Andrea sopra Polpet.


La compagnia si allarga, a me e Luca si aggiunge Elena e la salita diventa più dura anche se più corta, la discesa più tecnica, le sensazioni sempre belle. Una cosa che mi ha stupito è la sensazione nel correre sui prati, dove la pendenza lascia spazio ai saliscendi divertenti. E' una sensazione che conosco. E' quella delle corse campestri che facevo con la scuola quaranta anni prima. Divertimento puro, la fatica che sparisce ed una gioia che torna a galla, immutata,  da quegli anni.
Il giorno dopo non riesco nemmeno a fare le scale di casa per il dolore alle cosce. Si lo so che ci deve essere un altro termine per i muscoli anteriori della coscia ma se dico coscia capite lo stesso, giusto? Bruciano, anche solo a toccarle fanno male. Di sera sul divano, con le gambe stese sul tavolinetto, la passeggiata del gatto per venire a sdraiarsi sulla mia pancia diventa una tortura, un male incredibile. Per tirare giù le gambe dal tavolo faccio smorfie strane. Guardo con terrore le scale che devo fare per andare a letto, insomma il trail si fa sentire, scopro di aver usato parti di corpo che evidentemente nella corsa normale su strada non vengono usate. Bene, questo è sicuramente un bene però che male.
E' la vigilia di Natale ed io cammino come un vecchio di novanta anni. Chiedo aiuto a Roberta che è pur sempre infermiera, voglio sapere cosa prendere per non sentire male ma la risposta è "mal che si vuole non duole"...risolto il problema. Non mi resta quindi che trovare una via d'uscita dignitosa e la soluzione arriva dagli amici del gruppo Corrinsieme i quali propongono un trail per il 26 dicembre. Diciotto chilometri per mille metri di dislivello. Che faccio? partecipo? Ma si, vada come vada per cui il 26 mattina, sempre dolorante, metto la sveglia alle sei, faccio la mia solita colazione da 600 calorie con un piccolo incremento di carboidrati (Porridge più abbondante) e via all'appuntamento alle sette a Trichiana. Fuori è buio e la temperatura è sotto zero, in giro non c'è anima viva. A Trichiana siamo solo noi e dopo aver preso un caffè partiamo per Cison di Valmarino, sotto Passo San Boldo dove ci aspetta il Trail del Ricordo.
Io sono preoccupato, uscendo dal bar a Trichiana ho difficoltà a scendere due gradini, come farò a scendere su sentiero per mille metri proprio non lo so ma ormai ci sono, in qualche modo ne verrò fuori. A Cison siamo in tanti, c'è chi si riscalda, c'è chi fa esercizi per riscaldarsi, io guardo tutti come marziani e penso alle salite che mi aspettano. Il clima è però molto informale ed amichevole, malgrado quelli che si riscaldano come fosse una gara....ma è una gara in effetti, vabbè insomma malgrado questi vedo molta tranquillità e così mi tranquillizzo anche io. Partiamo, inizialmente stradine asfaltate ma poi subito un bel sentierino che porta all'inizio di una bella strada sterrata che si arrampica sulla montagna. Cammino, spingo sui bastoncini, cerco di tenere un passo costante, mi piace, mi sento bene e le gambe non fanno poi così male. In vari tratti incontro qualcuno del mio gruppo, ci aspettiamo, ci sorpassiamo, scambiamo due battute ma poi ciascuno fa la sua gara. Scopro che la salita non è affatto il peggiore dei problemi per le mie gambe doloranti. Ci sono le discese, ripide, molto ripide e le gambe mi fanno talmente male che in alcuni tratti le devo affrontare aiutandomi con i bastoncini usandoli come fossero stampelle oppure aggrappandomi ai rami degli alberi. Dove posso corro, dove posso, in discesa non molto a dire la verità. Tra le salite e le discese però ci sono dei tratti pianeggianti dove si riesce a correre ed è bellissimo perché ci si rigenera, si prende un bel ritmo, il fiato si fa regolare e si entra in quello stato nel quale pensi che potresti correre all'infinito.  poi un'altra sensazione nuova. Correre in questi tratti, con i bastoncini tenuti orizzontalmente in mano come fosse una lancia, mi fa pensare ad un africano che corre nella savana. Forse sto solo impazzendo, forse il male alle gambe mi sta mandando in pappa il cervello o forse è proprio un legame con il nostro dna, con l'uomo primitivo che ci portiamo dentro, qualcosa che riemerge da un passato lontanissimo nel quale anche noi come molti altri animali eravamo fatti per correre. Mi perdo in questi pensieri.  anche a godermi il paesaggio che è quanto mai vario. Abbiamo corso nel bosco, su prati, su di un sentierino con il burrone a sinistra, su trade sterrate e per brevissimi tratti su asfalto. L'ultima discesa arriva improvvisa. E' ripidissima, scende da Castelbrando al parcheggio dove c'è l'arrivo. Di solito la percorrono con le mountain bike tanto che ci sono delle reti di protezione. In qualche modo la faccio ed arrivo al traguardo che quasi mi spiace sia finita anche questa gara. Dispiaciuto per la fine della corsa ma non per il fatto di aver scoperto nuove sensazioni ed un modo nuovo di correre del quale mi ritenevo quasi incapace anche solo un mese fa. Guardavo le salite con diffidenza e paura. Mi ero convinto che non le avrei mai fatte e che quasi non fossi nemmeno in grado di farle ed invece, eccomi qui, a cercare il prossimo trail con i quale misurarmi. Non si smette mai di imparare, forse perché è già tutto dentro di noi, basta capire dove andare a scovarlo e tirarlo fuori.

Nessun commento:

Posta un commento