mercoledì 16 novembre 2016

Elogio della lentezza...

...e tutto perché ieri sera ho sputato l'anima.

Se un corridore, io nel particolare, spendesse su strada tutte le energie che spende nel leggere di allenamenti e tecniche varie di miglioramento, sarebbe un primatista.

Io leggo ma non mi applico. Le ripetute ad esempio. Sono un esperto. Le conosco in ogni loro diversa variante. Le conosco talmente tanto che a volte il solo pensare alle ripetute mi stanca. Così come esiste la gravidanza isterica io credo che per me esista la ripetuta isterica. Le volte che le ho impostate con i vari programmi ed addirittura trasferite nell'orologio non le conto più, anzi, ormai basta che sfiori il cardiofrequenzimetro anche per sbaglio che parte una ripetuta.

Tutto inutile perché ieri sera, con gli amici di Run and Fun Oltre Team (un nome che già da solo vale una ripetuta), durante la corsa in compagnia, ho malamente arrancato dietro di loro a velocità per me inimmaginabili. Arrancato, si.  Sei lì che ti domandi quando cavolo rallenteranno e se avranno intenzione di fare tutto il giro a quell'andatura. Negli attimi di lucidità scruti ogni minimo incrocio e ti ripeti in mente la frase da dire per mollarli al loro destino e tornare verso la macchina. Esiste anche la versione disonesta dell'abbandono, inventarsi un malanno, una storta, uno strappo, un accidente qualsiasi che ti sollevi dal dover continuare nella tortura e ti dia anche attimi di conforto da parte loro,  una versione che ti accompagni alla macchina anche con parole gentili. Ma ieri non potevo perchè l'amico GianLuca, ha sofferto un vero strappo ed ha dovuto abbandonare al secondo chilometro per cui io sarei stato decisamente poco credibile.

Continuo quindi. Guardo le loro schiene. Guardo il cardio. 4:20 min/km.... QUATTROEVVENTI , ma siamo matti? No, è proprio 4.20, non per molto ma per quel tanto da farti pensare che morirai lì, in una stradina di campagna tra l'abbaiare di cani e le cacce di capriolo. Li guardo e parte inevitabile il paragone tra la mia corsa e la loro. Perché quello lì in testa, che Dio lo strafulmini, corre così...così...tranquillo, quasi si stesse riscaldando...leggero, apparentemente lento direi. Perché non si vede nel suo movimento lo sforzo che sto facendo io, l'avanzare goffo, pesante. Perché non sento quel rumore di passi sbattuti sull'asfalto, non vedo quell'oscillare su e giù, non sento quel respiro ansimante...

Però guardando e cercando di capire inevitabilmente imito ed imitando sento che posso farcela ed allora il correre assieme a gente più forte assume un senso ed anche la fatica, bestia che fatica, ha un significato e ti sembra che la prossima volta possa andar meglio e poi provi e va effettivamente meglio perché il tempo migliora, la frequenza cardiaca si abbassa e quando ti rivolgono la parola riesci anche a rispondere e non solo in discesa ma anche mentre cerchi malamente di affrontare una salita. Ma allora funziona. E questo rimanenre indietro e poi sforzarsi per raggiungerli e non perdere il gruppo per poi rallentare, per forza, e dover prendere fiato mentre loro si allontanano in avanti così poi da costringerti a riprenderli...eccole le ripetute. Ripetute naturali, alla faccia dei siti, dei cardiofrequenzimetri, delle tabelle e di tutto il resto.

Oggi guardo felice il giro di ieri, lo ripercorro mentalmente e sono contento. Evviva la corsa in compagnia e grazie agli amici che mi hanno aspettato.



Resta il fatto che leggerò questo libro, anche se non parla di corsa. 


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